Fonderie 47

Chi:

Fonderie 47 è un’idea di Peter Thum e John Zapolski, due imprenditori newyorchesi che hanno creato un brand di lusso dal fine sociale.

Dove & Quando:

New York 2008

Cosa:

Fonderie 47 è un’azienda che converte uno dei fucili d’assalto più diffusi al mondo in gioielli. In Africa le armi illegali sono diffusissime (20 milioni) tra tutte la più facile da trovare è l’AK-47 poiché leggera, economica, facile da usare. Peter Thum in questo problema  ha visto un’opportunità e ha creato un’azienda che basa il suo modello di business sul profitto ma anche su sostenibilità e social innovation. L’azienda recupera ogni anno grazie all’aiuto delle Nazioni Unite migliaia di fucili confiscati, li distrugge e fondendone le varie parti ne ricava il materiale con il quale due mastri gioiellieri danno vita alle loro creazioni.  Acquistando uno di questi pezzi si aiuta il disarmo dai fucili d’assalto illegali dell’africa, ad esempio con un’anello si distruggono 75 armi mentre un paio di orecchini ne vale 70. Ad oggi Fonderie 47 ha già distrutto più di 6000 fucili, parte dei guadagni viene devoluta in associazioni non governative che aiutano le popolazioni africane.

Perché:

“Not only do we destroy these weapons, but we invert what they stand for by remaking them into wearable art.”

P. Thum

Il fine dell’azienda è quello di promuovere il disarmo nelle nazione africane sensibilizzando un pubblico estraneo a questo tipo di problematiche che grazie al loro potere economico e sociale possono realmente aiutare la causa a fare passi avanti.

Il caso studio ci è sembrato interessante principalmente perché vi è un fortissimo collegamento tra distruzione e rinascita sia dal punto di vista materico che sociale, le armi vengono distrutte e ne viene invertito il significato in quanto una volta fuse e forgiate sotto forma di gioielli viene impresso il numero seriale dell’arma cui il metallo proviene per rimarcare il legame. In secondo luogo l’artigianalità del prodotto in tutte le sue fasi ne fà un caso pertinente all’area trattata a lezione.

Studiomama

http://www.youtube.com/watch?v=WF8aTTngB2E

Chi:
Studiomama Ë uno studio di design localizzato a Londra, diretto dalla designer Nina Tolsrup.
Formatasi come industrial designer alla scuola "les Atliers" di Parigi,
possiede anche un diploma di marketing preso alla Business School di Copenhagen.

Nina Tolsrup si occupa di disegnare prodotti per alcuni marchi mentre svolge un ruolo attivo
anche nella realizzazione, ideazione e vendita di suoi prodotti sotto la firma Studiomame.

Dove&Quando:
Londra, 2008

Cosa:
Perchè comprare un prodotto quando, con poca spesa e un minimo di impegno, puoi farlo tu stesso?
Il "Pallet Project" di Studiomama nasce da questa domanda e da un percorso di ricerca per offrire
alle persone che non possono permetterseli, la possibilit‡ di costruirsi arredi con poca spesa
partendo dai pallet industriali. Strizzando l'occhio anche alla possibilit‡ di riciclare dei
materiali che altrimenti sarebbero scartati. Sostenibilit‡ e design possono fondersi e acquistare
anche un significato sociale.

Perchè:
10 sterline per un progetto replicabile infinite volte. 10 sterline e i soldi necessari a comprare il
materiale per il montaggio (viti, chiodi e colla) perchË la materia prima puÚ essere recuperata
gratuitamente nel retro di qualsiasi supermercato. 10 sterline che, comunque, non rappresentanto
il vero motivo per cui ci si prodiga in questo progetto. Il risparmio non c'entra, c'entra di pi˘ il
piacere di fare qualcosa per l'ambiente, il sentirsi parte di una comunit‡, la soddisfazione di produrre
le proprie mani un oggetto che poi si user‡ quotidianamente. E, oltre a questo, lo scopo sociale per
cui la costruzione di queste sedie Ë stata insegnata agli abitanti di uno dei quartieri pi˘ poveri di
Buenos Aires che poi li rivendono, creando un indotto. Tutto all'insegna del "Think globally, act Locally"

Sharing Plug

Chi:

Dave Hakkens è un designer olandese laureato presso la Design Academy di Eindhoven le cui idee di prodotto si discostano sia dal classico prodotto industriale che dal prodotto “ecosostenibile” o cheap in quanto perde quella unicità che lo contraddistingue.

Dove & Quando: Eindhoven 2012

Cosa:

E’ capitato a tutti di trovarsi nella situazione in cui tutte le prese elettriche sono piene, nessuna ha una multipla o una ciabatta e si è costretti a smettere di lavorare o aspettare la carica altrui…oppure andando a letto aver bisogno di caricare il cellulare e per fare questo rinunciare alla lampada da comodino…bene Sharing Plug è spina elettrica che elimina questo problema. Infatti il retro della presa invece che essere piatto e inutile come tutte le classiche spine, ha un altra presa che permette ad un’altra persona di usufruire anch’egli della corrente elettrica.

Perché:

“I wanted to make a technical product by hand, but still produceable for the industry. I did this combining old techniques and crafts with new technologies such special software and 3D scanning.”

D. Hakkens

La parte interessante del progetto non è soltanto nella funzione del prodotto ma anche e sopratutto nel processo creativo. Infatti l’obiettivo non era solo quello di progettare un nuovo oggetto, ma anche di progettarlo in modo artigianale e allo stesso tempo sfruttando la potenza delle nuove tecnologie. Il primo step è stato quello di creare un modello fisico dell’oggetto in un secondo momento è stata fatta una scansione 3D del modello perfezionandolo fino ad avere i disegni tecnici esecutivi per poi produrli a mano.  La presa è fatta in gomma che la rende morbida al tatto, flessibile e permette di inserirvi cavi dal diametro diverso (3-8 mm). Sullo stesso modello Dave ha anche progettato e prodotto tutto il resto della famiglia ovvero la presa e la spina classica. Il progetto ci è parso interessante  per il modo in cui è stato portato avanti il processo creativo ma sopratutto per il modo in cui il designer ha saputo combinare nuove tecnologie e lavoro manuale dando vita ad un prodotto tanto innovativo quanto classico.

Santeria

Abstract:

Co-working, shop, bar e galleria d’arte. Ma soprattutto uno spazio di aggregazione e scambio di idee, un luogo “per la mente”, un posto dove stringere collaborazioni o esporre progetti. Santeria nasce dalla mente dei gestori dei maggiori locali milanesi e delle agenzie di booking musicale come

un punto dove fare pausa dalle fatiche lavorative giornaliere, per incontrarsi e far fronte comune e compatto contro lo schiacciasassi burocratico dell’amministrazione milanese che alza barricate contro le iniziative cittadine per lo svago.

Da qui parte un percorso di espansione e pubblicitario volto a coinvolgere le realtà minori del sottosuolo che nascono e crescono a Milano, per poter dare anche a loro l’opportunità di farsi conoscere.

“Lavorare sodo, lavorare tutti, lavorare con tutti.”

“Se hai un progetto, una missione, un futuro, Santeria è lo spazio che cerchi – o è lui a cercare te.”

Cosa:

E’ uno spazio di oltre 500 mq con cortile esterno, creato, ideato e scaturito dalla necessità delle persone uno spazio dove rilassarsi in modo intimo, uno spazio dove puoi passare ore tranquille, salutare amici, chiacchierare con sconosciuti, ascoltare il tuo gruppo preferito o acquistare un vinile raro dopo aver assistito alla mostra di un fotografo che prima ignoravi e ora ami come le tue All Stars, e che ti ha appena portato altrettanto lontano. Una sala omni-funzionale (Santeria Lab) ideale per mostre e vernissage, showcase musicali, conferenze stampa, corsi, e workshop e altre cose ancora da inventare. Un’area co-working e uffici, spazi perfetti per creare e condividere ore di lavoro in un ambiente creativo e dinamico. Con prezzi vantaggiosi, massima flessibilità contrattuale, postazioni di lavoro originali e personalizzate.

Chi:

Ideato e scaturito dalla necessità delle persone che lavorano dietro le quinte di Magnolia, Tunnel, Spin-go!, Cooperative Music, Saphary Deluxe, Pecora Nera, Thisorder, e the fabulous duo 2-Loose, di creare uno spazio per la mente.

Come, dove, perché:

Il caso preso in considerazione rappresenta una delle alternative milanesi alla mancanza di spazi di aggregazione, lavorativi o semplicemente di confronto che affliggono la città. Come già il progetto The Hub o il Cantiere delle Pratiche Non Affermative, anche Santeria dietro l’affitto di spazi di co-working, idea che può risultare banale e scontata, si propone invece il progetto di offrire ai giovani, grazie ai suoi prezzi popolari, un luogo dove mettere nero su bianco le proprie idee e proporle ad altri, il tutto in un luogo dinamico e informale, lontano dai canoni dei classici uffici lavorativi.

http://www.santeriamilano.it

 

Homebrewed Components

Chi:

Il progetto Homebrewed Components è stato sviluppato da Dan Wilcox, un meccanico di San Diego il quale ha costruito una corona  personalizzata per bicicletta con la fresatrice CNC che aveva in casa e ha così iniziato un nuovo business.

 

Dove e Quando:

San Diego 2009

 

Cosa:

Dan ha creato un sito web su homebrewedcomponents.com dove la corona da lui prodotta ha ricevuto molti commenti positivi e ordini di acquisto per corone, ruote dentate e accessori personalizzati.

Dan Wilcox inizia la produzione prendendo le misure della corona del costruttore e applicandole al modello base, con le necessarie modifiche. I disegni sono tutti effettuati tramite un’applicazione che si chiama Mastercam, che serve anche a progettare e realizzare un attacco che tenga insieme i pezzi nella macchina. Per intagliare la forma base Dan utilizza una vecchia fresatrice Shizuoka dei primi anni Ottanta a cui ha sostituito il dispositivo di controllo basato su pc che esegue un programma gratuito di Linux chiamato EMC2. La materia prima è un quadrato di metallo largo 15,24 cm il quale viene intagliato all’interno e successivamente limato e levigato, per trasformarlo in un cerchio. Una volta realizzati i denti, vengono aggiunti gli attacchi, anche questi progettati al millimetro. Infine la corona viene rifinita, anodizzata e personalizzata ed è pronta per la spedizione.

 

Perché:

Il sistema sviluppato da Dan Wilcox ha reso possibile la personalizzazione e la produzione dei pezzi su misura per la bicicletta utilizzando una vecchia fresatrice CNC con un dispositivo di controllo modificato a partire dal programma open source.

http://homebrewedcomponents.com

 

 

Little Printer

Chi:

Il progetto è stato sviluppato da BERG uno studio di design e consulenza che si occupa principalmente di ricerca e innovazione cercando nuove opportunità dal contatto tra reti informatiche e oggetti fisici.

 

Dove e Quando:

Londra 2011

 

Cosa:

Little printer è un piccolo dispositivo che stando seduto sulla scrivania (ha le gambe) si connette alla rete di casa per ricevere e stampare le tue notifiche giornaliere.

Il sistema funziona grazie a Berg Cloud un sistema informatico che fà comunicare tra loro diversi dispositivi come smartphones, applicazioni, feed rss e social networks.

Basta configurare la Little printer con il proprio smartphone (iOS o Android) per ricevere (stampate giornalmente): notizie, foto, puzzles, messaggi e notifiche dagli amici, previsioni meteo, calendario e date importanti, oroscopo e qualunque altro tipo di informazione sotto forma di un mini quotindiano personalizzato da portare con sé.

 

Perché:

Little printer è un vero e proprio smart object che sfrutta le potenzialità del cloud computing in modo funzionale ma anche giocoso e simpatico. Il caso ci è sembrato interessante perché ha un approccio innovativo in un mercato ormai saturo, sfrutta le nuove tecnologie come il cloud computing e gli smartphones per essere sempre connesso e infine è un oggetto aperto in quanto permette la personalizzazione di ogni contenuto che l’utente vuole sottoscrivere.

http://bergcloud.com/

Fab@Home

Chi:

La Fab@Home è un progetto open-source di collaborazione di massa per sviluppare la tecnologia di fabbricazione personale e trasferirla

a casa tua. Tra gli users vi sono coloro che usano la loro capacità di sviluppare nuovi hardware, software e per costruttori digitali e coloro che semplicemente lo usano per creare oggetti unici. La Comunità comprende centinaia di ingegneri, inventori, artisti, studenti, hobbisti provenienti da tutto il mondo.

Cosa:

Fab@Home è una piattaforma che raccoglie in sè dispositivi di fabbricazione personali facilmente scaricabili dal sito, che permettono alle persone di produrre oggetti personalizzati su richiesta. Con questo sistema un qualsiasi oggetto immaginabile potrà essere ricreato facilmente in pochi click. L’attuale rivoluzione digitale permetterà a chiunque di fare, vendere o acquistare oggetti virtuali e ricrearli con la propria stampante 3D direttamente da casa, riuscendo così a vendere i propri prodotti o pezzi di ricambio completamente funzionanti. Hod Lipson e Evan Malone fondatori di Fab@Home project nel 2006 ricevettero un premio Mechanics Breakthrough Award grazie al scucesso ottenuto dal progetto, in un solo anno il sito riuscì a totalizzare 17.000.000 di click!

Perché:

Condividere il vostro lavoro a livello globale

Fab@Home fornisce innumerevoli modi per condividere il proprio lavoro e i propri risultati con gli altri, confrontandosi con le persone che la pensano allo stesso modo tramite blog e il forum. E’ anche possibile visualizzare e prendere spunto dai lavori fatti da utenti di tutto il mondo.

Accedere a un Top-Notch

Se si vuole sviluppare un’idea o una nuova tecnologia di stampa la comunità Fab@Home offre il supporto di un gruppo di persone di grande talento che aiuteranno l’utente nella progettazione.

Stampa 3D

Stampanti 3D a basso costo come i Fab@Home Model 1 hanno il potenziale per risolvere alcuni dei problemi sociali più urgenti di oggi. Riducendo le barriere della produzione, sono in grado di democratizzare l’innovazione per una nuova ondata di inventori.

Il caso Fab@Home ci è parso interessante perché racchiude in sè diverse peculiarità, innanzitutto è una piattaforma open source dove chiunque può fruire in modo attivo o passivo dei contenuti. Sulla piattaforma si trova di tutto, i software con cui iniziare a disegnare o programmare la macchina, i progetti di altri utenti e come replicarli ma sopratutto le istruzioni su come costruirti la tua 3D printer personale. Questo apre un nuovo orizzonte agli utenti, una vera e propria “Rivoluzione Industriale 2.0” nella quale chiunque (dallo smanettone al fabber) può creare in casa propria una piccola fabbrica personale dove produrre i propri progetti e oggetti con la stessa facilità con cui oggi stampiamo un “documento word”.

 

Fab@Home

3D Food Printer

Il caso studio si prefigge l’obiettivo di analizzare la relazione instauratasi tra i ricercatori della Cornell University e la piattaforma sociale di autoproduzione Fab@Home, collaborazione indirizzata verso l’ideazione e la produzione di una “stampante” 3D capace di produrre cibi solidi partendo da un modello grafico.

Chi:

La macchina che si occupa della stampa 3D è un’idea originale sviluppata sulla piattaforma open-source Fab@Home, piattaforma che raccoglie i progetti di macchine per stampa e di oggetti prodotti con esse. L’idea di usare ingredienti commestibili e la successiva modifica della stampante per ospitare i preparati a base di gel, sono innovazioni prodotte dal team di ricerca della Cornell University che si sta occupando della ricerca. Per il momento l’idea è in fase di sperimentazione, alcune case produttrici hanno però già fatto loro il progetti sovvenzionando la ricerca e producendo dei primi prototipi (Philips, Essentials Dynamics Inc.)

Cosa:

Il progetto nasce soprattutto grazie alla piattaforma Fab@Home sviluppata al Mit. I ricercatori della Cornell University hanno fatto loro le macchine di stampa 3D e hanno sostituito le resine solitamente utilizzate  con gel alimentari dalle caratteristiche più o meno simili, in modo da ottenere piatti (per il momento freddi) commestibili, partendo da un’idea grafica. Lo scopo è quello di portare le caratteristiche della produzione seriale di un’industria alimentare e la minuziosità della produzione artigianale, in un ambiente domestico, senza il bisogno di possedere doti culinarie particolari.

Perché:

Il caso della “stampante per alimenti” rientra di diritto nel campo della personal factory, campo vasto che è stato esplorato sotto diversi aspetti ma che comunque offre ancora possibilità di sviluppo. Rappresenta una particolarità in quanto non è il classico prototipo di oggetto prodotto da un designer ma cerca di mixare le nuove tendenze sviluppate in quel mondo  con quelle dell’arte culinaria, da sempre intesa come una forma d’arte manuale. Se la macchina diventasse una realtà a portata di tutti ed entrasse nelle case della gente (seguendo il processo di diffusione già visto con altri elettrodomestici quali il micro-onde) potremmo assistere alla nascita di una materia particolare come quella della grafica gastronomica in cui non sarebbero necessarie doti gastronimiche particolari per produrre piccoli capolavori. Senza considerare l’abbattimento dei costi di produzione di una realizzazione domestica, sicuramente minori di quelli artigianali.

Creative Machines

Sugru

 

Chi:

L’idea di Sugru è stata sviluppata da Jane Ní Dhulchaointigh, irlandese di Kilkenny, durante il suo corsi di studi in Product Design presso il Royal College of Art, dove si stava specializzando nell’uso di misture a base di silicone standard. Una volta trovati i fondi, Jane ha lavorato insieme ascienziati e esperti in materia per un periodo di circa 7 anni per creare un silicone che fosse modellabile, auto-adesivo e auto-riparante.

Cosa:

Sugru è un composto a base di silicone la cui formula è variabile seconda dell’utilizzo a cui sarà destinato.  Può variare in consistenza, plasticità, morbidezza, resistenza all’abrasione e alla rottura, densità e capacità di  galleggiamento. L’innovazione e la ricerca dietro ad un materiale come Sugru rappresentano già di per sè un buon motivo per approfondire la conoscenza di questo argomento. La capacità ulteriore della sua ideatrice di creare una piattaforma di scambio per idee, progetti e modi di utilizzo (per non parlare del forte impatto pubblicitario che questo assume).

Perché:

“I don’t want to buy new stuff all the time. I want to hack the stuff I already have so it works better for me.”

J. N. Dhulchaointigh

Riparare, migliorare e personalizzare sono i tre concetti alla base di Sugru, il progetto sviluppato da Jane Dhulchaointigh che, oltre ad un materiale, ha creato anche una piattaforma per condividere le diverse esperienze di chi ha utilizzato Sugru. Sugru è un composto a base di silicone la cui formula è variabile a seconda dell’utilizzo a cui sarà destinato. Può variare in consistenza, plasticità, morbidezza, resistenza all’abrasione e alla rottura, densità e capacità di galleggiamento.

Sugru

 

Ikeahackers

Cosa & Chi:

Ikea Hackers è una piattaforma che raccoglie in sè Progetti, Idee, Soluzioni e Trucchi geniali per utilizzare al meglio oggetti che ognuno di noi ha in casa, unendo  la passione per l’arredamento al fai-da-te.

Il blog nei suoi 6 anni di attività ha accumulato oltre 1000 post con soluzioni e suggerimenti utili su come sfruttare al massimo i prodotti Ikea, molto spesso in modi originali e non convenzionali.

Questo sito è una vera e propria comunità open source di appassionati IKEA, che permette a chiunque di postare e condividere i propri hack con gli altri.

Il progetto è nato nel maggio 2006 in Malaysia e la sua creatrice è una ragazza il cui pseudonimo è Jules.

Perché:

Dopo lunghe ricerche su internet, Jules decise di creare un blog dove racchiudere tutti i vari hack effettuati con prodotti ikea in un unico luogo comune, permettendo cosi agli altri di trovare tutto il necessario per “hackreare” i propri prodotti ikea, senza dover perdere tempo a cercare le varie soluzioni in altri siti sparpagliati per la rete.

Questa community è ormai in rete da parecchio tempo, viene costantemente aggiornata dai lettori che possono proporre le loro idee e modifiche tramite spiegazioni dettagliate e immagini.

L’esempio di Ikea Hackers è stato preso in considerazione poichè è uno dei pochi progetti di “design alternativo” con un’ideadi condivisione del sapere alla base. Le idee e i progetti sono a disposizione di chiunque voglia appropriarsene, farle sue o modificarle a proprio piacimento, come nel più classico dei sistemi

open-source. Proprio su questo aspetto IKea Hackers basa la sua unicità poichè dietro ad esso non c’è uno studio di design reale o una serie di designers e addetti ai lavori, ma una vera e propira comunità che collabora attivamente per aumentare il volume di questa enciclopedia del mash-up e del re-design.

Aiutati dal prezzo, spesso conveniente, del materiale utilizzato comebase di partenza e dalla sua caratteristica di essere disassemblato in partenza e, quindi, facilmente utilizzabile nelle sue singole parti, Ikea Hack rappresenta l’alternativa allo standard offerto dall’azienda,

dunque anche un punto di partenza per futuri sviluppi nel campo dell’arredamento.

 

Ikeahackers

Report ikea Hackers